Alpinismo giovanile: un mondo arcobaleno che perde alcune sfumature
Alcuni accompagnatori sono stati accusati di non aver capito il progetto che hanno divulgato per anni. Il documento scaturito per bloccare alcune differenze interpretative disorienta chi deve proporre programmi adeguati e sicuri.
Una norma scritta per contrastare la contrapposizione tra i vertici AG sicuramente non affronta in modo costruttivo le reali esigenze di chi opera sul campo. Gli accompagnatori delle sezioni CAI di Thiene e Malo sono preoccupati per la rigidità di come è stato affrontato il problema. Concordano comunque sul fatto che l’accompagnatore di alpinismo giovanile sia di base un escursionista esperto, questa indicazione apre una porta a tanti bravi e preparati soci CAI che non saranno più obbligati ad imparare prove alpinistiche complicate. Tuttavia chiedono di non perdere l’approccio alpinistico che ha contraddistinto l’attività dei gruppi operativi. Quindi non limitare le attività, rischiando di perdere o allontanare chi ha qualità alpinistiche, ma valorizzare tali figure per migliorare la sicurezza del gruppo. Serve cambiare la visione del titolato considerandolo parte di una squadra esperta e preparata. Considerare le qualità del gruppo e non del singolo, significa fidarsi dei gruppi locali della loro disomogeneità che risulta essere una forza. Se si concede al componente di progredire si permette a tutto il gruppo di crescere, senza obbligare chi ha altre qualità di cimentarsi con corde, nodi e chiodi. Considerare la polivalenza una qualità del gruppo e la specializzazione del singolo una forza utile a tutti. Mantenere di base: la paesaggistica, la meteorologia, l’orientamento, come vestirsi, la conduzione di una gita e la sicurezza in ferrata.
Se un accompagnatore ha le capacità per migliorare la sua esperienza alpinistica o culturale dovrebbe avere la possibilità di frequentare corsi di specializzazione nelle materie: 1) geologia, biologia; 2) roccia e arrampicata sportiva; 3) speleologia, calate e risalite; 4) cicloescursionismo; 5) ghiaccio – neve e valanghe. L'accompagnatore che si è specializzato in materie alpinistiche può sostituire o collaborare con gli esperti (istruttori, guide) nelle attività impegnative. Queste figure dovrebbero avere l'obbligo di aggiornamenti aggiuntivi o comunque partecipare a quelli locali delle rispettive scuole. Anche l’attività personale che sicuramente rispecchia le passioni alpinistiche migliora la preparazione.
Questo garantirebbe più sicurezza per il gruppo e più professionalità per l'accompagnatore interessato a specializzarsi. Attualmente il campo di attività AG è così vasto che pochi riescono ad essere aggiornati in tutte le specializzazioni richieste. Se perdiamo queste figure alpinistiche impoveriamo il gruppo accompagnatori. Naturalmente se fosse inserito questo nuovo metodo di considerare l’organico i limiti imposti nel documento del comitato di indirizzo e controllo dovrebbero essere riscritti in una forma che tenga conto della presenza di queste figure.
- Con il testo attuale anche un scialpinista esperto si è trovato in difficoltà per scovare un percorso invernale che rispetti i limiti e che allo stesso tempo mantenga un aspetto DI AVVENTURA PER I RAGAZZI; un obiettivo che dia soddisfazione esserci arrivati. Queste attività aiutano i ragazzi a tirare fuori il meglio di se stessi, a scoprire i loro talenti o valori, a vincere le proprie paure, sono esperienze che legano il gruppo e i meno forti si sentono supportati dai più forti. Queste dinamiche scaturiscono con la presenza di difficoltà.
La montagna invernale ha delle variabili così importanti che non possono essere inserite in un regolamento rigido. A chi frequenta la montagna invernale sembra sconsiderato vietare di usare ramponi-corda-piccozza senza la presenza di un istruttore, in quando, potrebbero garantire una sicurezza maggiore anche in una escursione non considerata difficile. Questi attrezzi danno una garanzia irrinunciabile e una sicurezza anche solo averli al seguito.
Un esempio: stai percorrendo una mulattiera sicura con le “ciaspole” e trovi un tratto ghiacciato, un insidioso scivolo creato dal vento. La maggior parte di chi si trova in questa situazione tenta l’attraversamento, perché le ciaspole, “sembra non scivolino”, ma invece come dimostrano le statistiche degli incidenti, un semplice inciampo o un posizionamento sbagliato e sono pronte ad abbandonarti. Quindi questo esempio evidenzia: “regole rigide riportate sui regolamenti non aiutano la sicurezza e rischiano di far commettere dei gravi errori a chi organizza”. Si può incappare nello stesso rischio quando si attraversano le “lingue di neve” morbide ai bordi e ghiacciate al centro.
Gli istruttori sia di alpinismo e speleo (ma anche il soccorso alpino) hanno sempre dato una mano all’AG, con queste regole diventano responsabili di un gruppo che non conoscono. Le collaborazioni nascono da buoni rapporti, da aggiornamenti fatti insieme, da momenti di condivisione e non da un obbligo. Se si vogliono raggiungere degli obiettivi bisogna creare i presupposti e investire non tagliare.
- Se spieghi ad un istruttore, che l’attività deve essere eseguita in falesie con difficoltà limitate, ti risponde sicuro “non sono le difficoltà di arrampicata ad essere pericolose” sono: “la friabilità della roccia, l’abbandono, gli ancoraggi non verificati, la presenza di sassi e troppi frequentatori”. Prosegue: “è più pericolosa una caduta nel pendio inclinato di un 3° grado di un 5° verticale”. Quindi anche in questo caso i limiti obbligano a scegliere palestre abbandonate o troppo frequentate.
Per concludere: questi limiti stanno provocando l’effetto contrario di quello per cui son stati scritti e rischiano di interrompere una collaborazione consolidata. Se perdiamo chi ha qualità alpinistiche e diventiamo tutti escursionisti non significa che siamo più sicuri, anzi, l'approccio alpinistico che si era creato tra accompagnatori e ragazzi aiutava la sicurezza del gruppo e ne evidenzia i limiti. Se sai che per attraversare un pendio ci vogliono i ramponi sai che devi tornare indietro, se non sai la differenza come puoi decidere la cosa giusta? Se conosci l’attrezzatura alpinistica, se l’hai usata assieme ai ragazzi, quando trovi un pericolo sai come affrontarlo, capisci quando ripiegare o quando usare l’attrezzatura. Se nel gruppo mancano completamente queste nozioni rischi di più. Annibale Salsa, ex presidente del CAI, nelle sue conferenze spiega bene la differenza tra una regola condivisa dalla base e capita “chiamata come legittima” ed una decisa ai vertici “nominata come legale” da rispettare ma non capita da chi opera sul campo. Chi sceglie di accompagnare i ragazzi per trasmettere la passione verso l’ambiente montano ha bisogno di entusiasmo parola assente nei regolamenti.
Una mamma dopo aver letto la lettera del Presidente pubblicata sulla rivista CAI.
La montagna vista come motivo di aggregazione per questi ragazzi, attraverso l'avvicinamento all'ambiente naturale, al rispetto che si deve avere per esso e alle fatiche condivise con i compagni per raggiungere degli obiettivi comuni e dei risultati. Tutto questo "lega" in modo semplice, speciale e sano e lo si capisce bene dai loro commenti messi sui sondaggi.
L'accompagnatore non è solo un escursionista più vecchio ed esperto o un tecnico specializzato in qualche attività legata alla montagna, ma per i ragazzi che stanno crescendo in questo mondo povero di valori e di stimoli "reali" è un EDUCATORE, un adulto che ha scoperto qualcosa di bello nella propria vita e lo vuole trasmettere ai più giovani.
La prova? rileggi i commenti dei ragazzi...
"accompagnatori bravissimi, gli accompagnatori sono dei grandi, grazie accompagnatori..".
Se poi questo "accompagnare" è fatto in maniera gratuita (e i ragazzi lo sanno) ne amplifica il valore.
Come genitore mi sento in dovere di sottolinearlo perché, a mio avviso, il vertice del cai non ha tenuto in considerazione questo aspetto, ma si è fermato ai fattori tecnici e della sicurezza.
l'AG avvicina i ragazzi alla montagna e questo li mette innanzitutto in contatto con la natura (la terra, l'acqua, il vento, la neve, gli animali, le piante, il sole, la pioggia) in contrapposizione a questo mondo sempre più virtuale e vuoto. La fatica nel salire fa scoprire loro quanto vale l'imparare a tenere duro, a portare pazienza e a resistere: alla fine quando si arriva alla meta la ricompensa è enorme.
Imparano la bellezza della scoperta: la natura fondamentalmente è in sé stessa scoperta e imparare a rispettarla è una scuola per apprendere il rispetto anche per gli altri e per sé stessi.
Inoltre la fatica insegna a riconoscere i propri limiti, a sapere quando bisogna rispettarli e quando invece si può osare di più. La fatica condivisa insegna il rispetto dei limiti dei compagni e l'altruismo nel rallentare il passo per raggiungere l'obiettivo insieme.
“Vivere la montagna in amicizia”
proponiamo di proseguire su questo percorso solidale e di inserire nello statuto attività di volontariato verso le popolazioni di montagna. Inserire la possibilità di organizzare attività per recuperare contributi da inviare ai ragazzi meno fortunati che vivono sulle pendici di montagne come Perù e Nepal e in questo periodo Amatrice.
Si potrebbe organizzare una lotteria nazionale a scopo benefico.
alleghiamo un sondaggio eseguito tra i ragazzi alla fine del 2017
Sembra strano ma i ragazzi più interessati all’arrampicata sono di seconda fascia e non quelli grandi
Buona montagna a tutti